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15 Giugno ore 16,30: Sindaco e Card. Betori inaugurano Via Cardinale Florit

Edizione del: 15 maggio 2017

TARGA via Cardinale FloritIl Comune di Firenze si appresta a rendere solenne omaggio al Cardinale Ermenegildo Florit, che arrivò a Firenze nel 1955 come Coadiutore di Dalla Costa, diventando Arcivescovo di Firenze dal 1962 al 1977 e qui morendo l’8 dicembre 1985, solennità dell’Immacolata Concezione.

Lo farà intitolandogli una strada comunale, a Brozzi, quartiere scelto dal Comune per la toponomastica ecclesiale.

La cerimonia si terrà giovedì 15 giugno alle ore 16,30, alla presenza del Sindaco Dario Nardella, dell’Assessore alla toponomastica Andrea Vannucci, e dell’attuale Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori, oltre che dei familiari di Florit.

Delegazioni ufficiali arriveranno per l’occasione dal Comune e dalla Parrocchia di Fagagna, suo paese natale, dall’Arcidiocesi e dalla Provincia di Udine, dove fu ordinato sacerdote, dalla Pontificia Università Lateranense, dove fu professore di Sacra Scrittura e Pro Rettore, e dalla Congregazione Generale di San Paolo (Paolini), di cui fu primo titolare del titolo cardinalizio della Basilica Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola, a loro affidata.

La strada scelta è quella che collega via San Martino a Brozzi con via Curzio Malaparte, (oggi asse secondario di via dei Cattani, proseguimento di Via Madonna di Loreto, strada dove si trova la parrocchia e il cimitero comunale) primo rione alluvionato a cui il 5 novembre 1966 il Cardinale Florit portò gli aiuti a bordo di un M113 e con gli stivali ai piedi, come testimoniano alcune foto.

“Un gesto simbolico per mantenere viva in città la memoria del ruolo svolto dal cardinal Florit nei tragici giorni dell’alluvione e nei mesi successivi con un’opera fondamentale di assistenza ai fiorentini in tutte le zone colpite”, ricordò Vannucci nell’annunciare lo scorso 30 marzo la decisione della Giunta.

“Un grande personaggio della nostra terra”, disse nel 2001 l’allora Sindaco di Fagagna in occasione del convegno organizzato per il centenario della nascita ad Udine dalla Diocesi.

“La morte – disse il Cardinale Silvano Piovanelli alla scomparsa di Florit – ponendo un invalicabile distanza fra noi e la persona defunta, ci dà modo di renderci maggiormente conto del dono che, in quella persona, l’amore di Dio ha fatto a noi e alla Chiesa intera. L’episcopato del Cardinale Florit è stato caratterizzato dalla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, a cui sembra legarlo persino la morte, avvenuta proprio il giorno in cui a Roma si chiudeva solennemente il Sinodo Straordinario dei Vescovi sul Concilio a vent’anni dalla sua conclusione. Sacerdoti e laici, collaboratori vicini o a distanza, dobbiamo forse riconoscere di non aver amato abbastanza”.

L’anno scorso il Cardinale Betori, nel ricordare il 30mo della morte di Florit evidenziò “come aimè la figura del Cardinale Florit, qua a Firenze, rischia di essere racchiusa in una cornice molto ristretta che è quella delle vicende tristi e amare dell’Isolotto, in cui egli ebbe un ruolo assai significativo nella difesa della identità della Chiesa cattolica, dovendo soffrire molto al riguardo, e non essendo premiato neppure, direi, dalla storiografia successiva, in questa sua difesa della identità della Fede e della disciplina ecclesiastica. E tuttavia direi che Florit è molto più di questo”.

Erano anni quelli dove, come mi disse una volta Mons. Angiolo Livi “c’era una certa ‘fibrillazione’. Erano anni difficili. I seminaristi buttavano il cappello in Arno. Florit aveva da difendere la Chiesa e l’Ortodossia”.

Il Cardinale Betori quando era Segretario Generale della CEI ricordò “la revisione della traduzione della Bibbia per uso liturgico, quella che usiamo oggi nella celebrazione della Messa, a cui lavorò come Presidente della Commissione il Cardinale Florit: “I criteri di revisione furono esattezza nel rendere il testo originale; precisione teologica, nell’ambito della stessa Scrittura; modernità e bellezza della lingua italiana; eufonia della frase, in modo da favorirne la proclamazione; cura del ritmo, con conseguente possibilità di musicarne i testi, specie i Salmi, di cantarli, di recitarli coralmente”.

E su tale traduzione intervenne, nel 1972 anche il Beato Papa Paolo VI “ben venga codesta preziosa primizia del volume della Sacra Bibbia mediante la paziente e sapiente fatica dell’esperto biblista Cardinale Florit”.

Da notare anche una “coincidenza” – o forse una scelta della Divina Provvidenza – che questo omaggio comunale arriva a poche settimane dalla nomina papale del Cardinale Gualtiero Bassetti alla presidenza della CEI, secondo toscano a questo incarico, visto che per due anni, dal 1965 al 1966, il Papa chiamò alla guida della CEI proprio il Cardinale Florit.

Così come pochi sanno che la CEI nacque proprio a Firenze l’8 gennaio 1952.

Una volta don Silvano Seghi mi disse: “Per me Florit è stato un testimone della fede in un periodo in cui la Chiesa fiorentina non cercava i testimoni, ma cercava i maestri d’ideologia. E questo forse va avanti ancora. Don Divo Barsotti mi disse che per lui Florit ‘è stato un testimone della Fede, un confessore della Fede, un grande Omeletico’, mentre don Giussani, quando venne a Firenze, dopo l’Isolotto, disse che ‘Florit è stato veramente un grande, si è messo dalla parte della Chiesa, è stato un martire’, approvando tutto quello che aveva fatto, soprattutto quello che aveva sofferto. Questo periodo – proseguì don Silvano – che è stato lungo, è un periodo che deve ancora emergere. Florit ha sofferto molto, e a mio avviso, per questo, è stato anche martire”.

Mi raccontò Michele Gesualdi, allievo di don Milani ed ex presidente della Provincia: “Con L’Arcivescovo Florit non si intendevano facilmente, perché erano uomini troppo diversi. Sembravano fatti apposta per non intendersi. Probabilmente la difficoltà ad intendersi fece soffrire entrambi. Però don Lorenzo non sopportava da parte di nessuno che si strumentalizzasse questo rapporto con il pettegolezzo intorno alla sua chiesa. Anzi guai a chi gliela toccava. ‘La chiesa è come la mamma’, diceva, ‘e va amata e rispettata’. Penso però che l’Arcivescovo abbia corretto questa sua posizione dopo aver letto le lettere pubblicate postume. Il Cardinale infatti quando aveva già lasciato la diocesi di Firenze, per raggiungi limiti di età, si recò, in forma privata, alla tomba don Lorenzo. Era in tonaca insieme ad un altro prete, salirono fin lassù con una vecchia 127 verde. Era un giorno qualsiasi e per puro caso anch’io ero al camposanto. Lui non mi conosceva. Entrò nel cimitero, salutò con lo sguardo e un cenno della testa, poi si fermò a pregare di fronte alla tomba. Aveva in mano il libro delle lettere di don Lorenzo. Io ero qualche metro più in là di fronte alla tomba di nonna Giulia, quando sentii il cardinale bisbigliare al prete che lo accompagnava mentre leggeva una lettera: ‘Ma quanto mi avete male informato su questo prete’”.

Con la cerimonia del prossimo 15 giugno è come se sulla città di Firenze si stendesse un manto speciale, steso dai due Arcivescovi Dalla Costa e Florit, che va da sud, Gavinana, con la Piazza per Elia, a nord, Brozzi per Ermenegildo, ovvero ai due confini della città.

Un immagine curiosa, ma che deve anche far riflettere sull’impegno dato da questi due uomini nel servire non solo la Chiesa fiorentina ma anche la città di Firenze, che così li onora e li ricorda.

Franco Mariani

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